mercoledì 3 dicembre 2014

Marx e i Greci


"Una quiete che è ad un tempo attività assoluta": è così che Hegel nelle "Lezioni sulla storia della filosofia" definisce l'"assoluto" in Aristotele. Non v'è dubbio che solo a partire da tale fondamentale presupposto metafisico è possibile comprendere la critica di Aristotele al comunismo platonico. Mi chiedo tuttavia se quella definizione dell'assoluto a non possa addirittura considerarsi una definizione del comunismo in senso "moderno". Di "movimento assoluto del divenire" parla Marx in un celebre passo dei "Grundrisse" che contrappone le forme chiuse del mondo antico, in cui è l'uomo lo scopo della produzione, all'incessante movimento della produzione moderna finalizzata alla valorizzazione illimitata del capitale. Nel comunismo l'uomo ridiventa scopo, nel momento stesso in cui quel movimento incessante si libera della sua "limitata forma borghese": in questo senso esso è un "movimento assoluto del divenire", fine a se stesso certo ma solo nel senso che il suo scopo adesso è l'uomo stesso, lo sviluppo delle sue forze essenziali, l'uomo essendo un "genere", e in tal senso "sostanza" in senso aristotelico Se si dà storia è solo come realizzazione del genere, sua "attualità". Perciò il comunismo non coincide né con la cattiva infinità "faustiana" del valore che valorizza se stesso, nè con la "cattiva finitezza",la "quiete" delle forme chiuse del mondo antico, prive di vita e di attività. Insomma non è né la prosecuzione della produzione fine a stessa del capitale, nè la fine della storia, ma la sintesi vivente della realtà e della possibilità che si realizza, della forma e del movimento. Un movimento "reale" come già Marx ed Engels ne "L'ideologia tedesca" ebbero a definirlo, dunque già in "atto" e proprio perciò aristotelicamente, hegelianamente "assoluto". Se il comunismo non è un "ideale a cui la realtà debba confermarsi", ovvero una idea in senso platonico, che nulla aggiunge alle cose, esso è tuttavia "forma", "sostanza" in senso aristotelico. Annotava Lenin nei suoi "Quaderni filosofici" proprio a proposito della critica aristotelica all'idealismo platonico e del modo "idealistico" in cui Hegel la reinterpreta: "Quando un idealista critica i principi dell'idealismo di un altro idealista se ne avvantaggia sempre il materialismo. Cfr. Aristotele versus Platone, ecc. Hegel versus Kant, ecc." Forse il materialismo dialettico senza di cui è il comunismo è impensabile è il coniugarsi della "forma" come "attività assoluta" con la eraclitea "eternità" del divenire. Lo stesso Lenin nelle sue note all'"Eraclito" di Lassale, definiva il frammento eracliteo che parla del "mondo", dell'"uno del tutto" come un "fuoco eternamente vivo, che si accende e si spegne secondo misura", "un'ottima esposizione dei principi del materialismo dialettico". Se la forma è "movimento", il divenire è "eterno". Solo il comunismo pensa e insieme congiunge nel "presente" della prassi la prima al secondo.

Salvatore Tinè