giovedì 7 settembre 2017

Per Gabriele


E' passato un giorno ma è ancora duro e difficile pensare che Gabriele Centineo se ne sia andato. "Era una persona vera e di grande generosità" mi dice mio fratello subito dopo avere appreso la notizia della sua sua scomparsa. Io aggiungerei che era anche un "compagno" vero, un vero militante del movimento operaio. Penso alle tante discussioni che hanno scandito il tempo trascorso insieme, all'aspra ingenuità delle mie polemiche di giovanissimo militante comunista ingaggiate con lui magari mentre dopo una riunione mi accompagnava in macchina a casa, nel corso delle quali imparavo tanto. Gabriele si era formato nel socialismo di sinistra ma la sua militanza politica si nutriva di un profondo rapporto con Marx. E' uno dei pochi dirigenti politici tra quelli che ho conosciuto che aveva letto e studiato a fondo "Il Capitale" di Marx. Ricordo quando iniziavo a leggere Il primo Libro e lui mi disse subito, con quel suo tipico tono insieme scontroso e quasi paternamente affettuoso: "Il primo è il più astratto, comincia dal terzo." C'era una fortissima influenza del primo operaismo di Panzieri in questo suo rapporto diretto con l'autore de "Il Capitale", teso a cavare proprio dalla critica dell'economica politica, nel cuore stesso del processo produzione e di di accumulazione capitalistica, le ragioni profonde della lotta di classe e del socialismo. Eppure forte rimase il suo rapporto con la storia e la cultura politica del movimento operaio e socialista italiano. Non solo il Panzieri dei "Quaderni rossi" dunque ma anche Morandi figurava tra i suoi riferimenti storici e teorici più importanti: una volta mi prestò generosamente, proprio dopo un'aspra discussione sul concetto di "egemonia" in Gramsci e Togliatti, un libro a lui carissimo, una raccolta di scritti del Panzieri dirigente socialista e "morandiano", intitolato "La ripresa del marxismo-leninismo in Italia". Eppure nonostante la sua grande cultura, il suo settarismo teorico e politico in genere tipico dell'intellettuale, Gabriele è stato soprattutto un militante, un dirigente della sinistra e del movimento operaio. Ricordo che ai tempi di Democrazia Proletaria era solito criticarmi perchè perdevo il mio tempo a leggere i filosofi tedeschi e perfino Heidegger e ad un compagno, Mimmo Pernice, che gli ricordò un po' sconcertato che anche il nostro Marx era tedesco rispose divertito, con quel suo tipico tono di voce stridulo: "non tedesco ma, ebreo, ebreo!". Il suo lavoro di direzione politica è un esempio di coerenza, di intransigenza anche. Il movimento operaio del XX secolo è stato anche questo: una scuola di moralità, di politica intesa nel senso più alto, ovvero di impegno che può riassumere in se il senso stesso di una vita. Mi viene in mente Heine, che una volta definì la politica la "scienza della libertà". Ecco, Gabriele è stato un uomo libero, un uomo che nella lotta per l'emancipazione e la libertà di tutti gli oppressi e gli sfruttati ha cercato e trovato il senso della sua vita e la sua libertà.

Salvatore Tinè