venerdì 8 dicembre 2017

L'uomo nuovo.


La più profonda definizione di dio mi pare quella che Dostoevskji mette in bocca all'ateo Kirillov: "Dio è il dolore che nasce dalla paura della morte."Il comunismo non sarà certo il superamento della morte ma della sua paura. Questa paura ha delle radici storico-sociali e quindi ideologiche. Certamente la frase di Kirillov ha un senso ambiguo. Solo estrapolandola dal contesto della sua riflessione il cui tema è non a caso il suicidio, essa può assumere un significato anche positivo per noi comunisti. Kirillov interpreta infatti il superamento della dolore e della paura della morte come una "indifferenza alla vita". "La vita-dice- viene concessa a prezzo di dolore e di paura, e qui sta tutto l'inganno. Ora l'uomo non è ancora quell'uomo che dovrà essere. Vi sarà l'uomo nuovo, felice e superbo. Quello al quale sarà indifferente vivere, quella sarà l'uomo nuovo! Chi vincerà il dolore e la paura, quello sarà Dio. E l'altro Dio non vi sarà più." Ecco io credo che nel comunismo non solo non vi sarà più "l'altro Dio" ma neanche l'uomo "al quale sarà indifferente vivere." Credo che "l'uomo nuovo" del comunismo sarà certamente "felice" e tuttavia non "superbo" e perciò tutt'altro che "indifferente al vivere". "L'uomo ama la vita-dice Kirillov- perchè ama il dolore e la paura.". Ecco il comunismo comincerà ad esservi quando si potrà amare la vita senza non al prezzo di amarne il dolore e la paura." L'assoluta "terrestrità" di cui parla una volta Gramsci nei "Quaderni" è in tal senso da interpretarsi come la consapevole accettazione della condizione di finitezza dell'uomo intesa tuttavia non come l'esaltazione o l'amore del dolore e della paura e neanche come l'indifferenza ad essi predicata da Kirillov. A Kirillov che accenna alla "trasformazione" dell'uomo perfino "fisica" che seguirà alla negazione di dio, il suo interlocutore ha buon gioco ad obiettare: "Se sarà indifferente vivere o non vivere, tutti si uccideranno, ed ecco in che cosa consisterà forse la trasformazione". Dunque l'uomo sarà "nuovo, ma non dio, solo restando uomo potendo egli veramente trasformarsi, diventare "uomo" senza perciò suicidarsi.

Salvatore Tinè