domenica 26 giugno 2016

Il sorriso di Leonardo


Un rapidissimo riferimento alla "Monna Lisa" di Leonardo mi colpisce rileggendo il saggio di Benjamin su "Le affinità elettive". Benjamin accosta e insieme contrappone la bellezza di Ottilia, "l'apparenza che si spegne", alla "magnificenza" dell'Elena goethiana e a quella della donna ritratta nell'immenso quadro di Leonardo. Eppure quella "magnificenza", il suo "segreto" scaturiscono per lui proprio dalla "contesa" tra l'apparenza che si spegne e quella "trionfale della bellezza abbagliante." Mi pare una indicazione di enorme rilievo per capire in profondo il capolavoro di Leonardo. Ma come intendere ne "La Gioconda" quella "contesa"? Il trionfo della luce nel quadro è forse il risolversi, totale fondersi in essa del reale. Il reale, infatti, è luce per Leonardo, ovvero "fenomeno" in senso etimologico, apparenza che si rivela, essenza disvelantesi solo nella luce del fenomeno. La luce è l'unico movimento possibile nella stasi, nell'equilibrio apparentemente perfetto tra la figura della donna, la sua "forma" e lo spazio in cui si risolve: movimento interno dunque, di là da ogni dramma, da ogni azione. E tuttavia quella luce è anche apparenza che si spegne, come la mitica bellezza di Ottilia. Il suo rivelarsi infatti è pur sempre il manifestarsi di un segreto che tale rimane anche nel suo risplendere nella luce. La "natura naturans" tante volte richiamata a proposito del quadro di Leonardo è questo segreto, che tale rimane anche se indisgiungibile dalla sua manifestazione. Perciò la tanto decantata rinascimentale serenità del quadro rinvia a quel segreto che niente ha di inquietante o enigmatico. Perfino nel suo spegnersi la luce non perde niente della sua non trionfale non abbagliante ma chiara, trasparente evidenza. E' in essa infatti, nella sua pura evidenza che pulsa la vita segreta, quella che lenta affiora dal corpo di Monna Lisa per trascorrere poi nell'umida terra e nei fiumi sullo sfondo. E' a questa interna contesa tra la vita e il suo rivelarsi che il calmo sguardo contemplante di Leonardo, il suo non ironico "sorriso" ci riporta. Nessuna critica, allora, in questo sguardo, potremmo dire parafrasando le pagine di Benjamin su Goethe, ma neanche nessuna "idolatria della natura" indifferente al suo segreto e alla sua verità.

Salvatore Tinè