martedì 21 marzo 2017
Overlook
Straordinaria la citazione di "Eyes wide shut" in "Come vuole la prassi", l'ultimo film tratto da Camilleri, trasmesso ieri sera. Resterà non accertato fino alla fine nel film di Kubrick se dentro il castello in cui finisce rinchiuso il suo protagonista è stata uccisa una ragazza. Mortale il rischio di guardare ciò che normalmente il potere sottrae al nostro sguardo. Il cinema è questo sguardo che guarda "oltre", "overlook". Il protagonista del film di Kubrick si salverà grazie ad una ragazza e tuttavia nulla saprà con certezza del destino di lei nulla avendo "visto" della verità della sua morte. Lo sguardo "oltre" Kubrick di Camilleri immagina invece che qualcuno abbia potuto guardare e registrare la morte di una ragazza e -per questo sia morto. Ma proprio la sua morte renderà possibile lo sguardo degli altri.
Salvatore Tinè
lunedì 20 marzo 2017
Sindacato e Consiglio
Presentando alla sezione Olga Benario del PCI di Catania la bella antologia di scritti giovanili di Gramsci curata da Guido Liguori, intitolata "Masse e partito" mi soffermo su un passo dell'articolo di Gramsci su "Sindacati e consigli" pubblicato sul "L'Ordine nuovo" l'11 ottobre del 1919: "Il Consiglio- vi si legge- è il più idoneo organo di educazione reciproca e di sviluppo del nuovo spirito sociale che il proletariato sia riuscito a esprimere dall'esperienza viva e feconda della comunità di lavoro. La solidarietà operaia che nel Sindacato si sviluppava nella lotta contro il capitalismo, nella sofferenza e nel sacrifizio, nel Consiglio è positiva, è permanente, industriale, è contenuta nella coscienza gioiosa di essere parte di un tutto organico, un sistema omogeneo e compatto che lavorando utilmente, che producendo disinteressatamente la ricchezza sociale, afferma la sua sovranità, attua il suo potere e la sua libertà creatrice di storia". Difficile è provare a sciogliere ai compagni il nodo di pensieri e di riflessioni che si annoda in questa questa pagina, così densa, così complessa del giovane Gramsci. Al centro di essa è il tema della libertà ma tutto calato nella concretezza della fabbrica. E' la fabbrica infatti il luogo in cui gli operai si costituiscono come classe, ovvero come soggetto collettivo e quindi storico. La formazione del Consiglio presuppone la fabbrica, l'organizzazione economica e industriale del lavoro, il suo "sistema" omogeneo, compatto, organico. Nel Consiglio infatti la solidarietà, l'unità tra gli operai ha superato il livello del Sindacato in cui in fondo gli operai continuano a pensare se stessi come "individui", come salariati impegnati a contrattare sul mercato il prezzo della loro forza.lavoro, quindi ancora come "cittadini" atomizzati. Nel Consiglio gli operai percepiscono invece se stessi come "parte di un tutto organico". La libertà presuppone questa gioiosa percezione di sè, il sentire se stessi come parte di una totalità, non più come individui ma come soggetti universali, quindi in grado di agire politicamente, di esercitare potere, sovranità. Si tratta di una percezione gioiosa in quanto antitetica alla sofferenza e al sacrificio imposti agli individui atomizzati nell'ambito della concorrenza, nell'anarchia del mercato. Non si danno quindi nel mondo contemporaneo libertà e storia se non nella organica "totalità" del lavoro industriale, una totalità destinata ad espandersi e allargarsi sempre più, fino a farsi mondo. Il Consiglio di fabbrica è la cellula di questo mondo. La libertà operaia è impensabile fuori da questa totalità, la quale tuttavia è totalmente immanente alla vita degli operai, alla loro soggettività politica così come essa viene organicamente esprimendosi nella dura, oggettiva realtà della fabbrica, nella cellula del consiglio. La libertà autentica non è "volontaria", essa non scaturisce dall'arbitrio di una scelta ma è sempre radicata nell'oggettività, saldamente ancorata al ruolo e alla funzione "tecnica" e sociale che ciascun lavoratore svolge nell'ambito dell'organizzazione complessiva del lavoro e quindi della società. Il lavoro è "utile" ma si "rovescia" dialetticamente nella produzione "disinteressata". Sentirsi ed essere cellula di una totalità organica non può infatti non implicare una motivazione dell'agire che sia al contempo "utile", ovvero economicamente fondata e "disinteressata", ovvero di tipo politico, non più finalizzata al guadagno o al profitto individuale e privato. La produzione è già politica, la "poiesis" è già praxis", nessuna "politeia" potendosi più pensare utopisticamente fuori dall'ordine, dalla razionalità potenzialmente politica e non soltanto economica della fabbrica. Allo stesso modo nessuna "libertà" può essere pensati in senso esclusivamente individuale, come mera "volontà", fuori dall'organica e contraddittoria totalità del "mondo grande e terribile". Di qui il carattere positivo, costruttivo dell'idea di comunismo proposta da Gramsci. Il comunismo è ordine, organizzazione e disciplina, non soltanto negazione o ribellione, tutto il contrario della falsa libertà anarchica e individualistica dell'odierna ideologia dominante. Esso rovescia certo l'oggettivo nel soggettivo, la necessità nella libertà, ma sempre fornendo a quest'ultima un fondamento oggettivo, la solidità di un un nuovo ordine potenzialmente mondiale, una forma razionale e perciò universale e concreta. Dentro la fabbrica, dentro la compattezza e omogeneità del suo "sistema" Gramsci individua il momento, "la forma di cellula", per dirla con Marx di un processo storico e universale, il processo dell'unificazione del mondo e del genere umano,
Salvatore Tinè
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