In una pagina di “Lutezia” dedicata alla Parigi degli anni
’40 del XIX secolo, Heinrich Heine spiega
mirabilmente il nesso che lega il dominio degli uomini nel teatro della
politica parlamentare a quello delle donne nel teatro vero e proprio: alla
corruzione dei politici nel cosiddetto “sistema rappresentativo” corrisponde la
prostituzione delle donne sulle tavole dei grandi e dei piccoli teatri
parigini. Non è infatti dalla politica
che la società francese emargina le donne secondo il grande scrittore tedesco
ma soltanto, si direbbe, dalla sua
“commedia”. E gli attori protagonisti nel teatro “finto” non possono che essere
mediocri a differenza delle donne eccellenti protagoniste in quello “vero”. “Io
stesso ho detto altrove- scrive Heine- che la vita pubblica in Francia, col
sistema rappresentativo e le lotte politiche, assorbe i migliori talenti
scenici fra i francesi, mentre sul vero
e proprio teatro si trovano soltanto le mediocrità. Ciò vale, però, per
gli uomini, non per le donne. La scena francese è ricca di attrici di sommo
valore, e in ciò l’attuale generazione supera forse la precedente. Vediamo
stupendi ammirevoli ingegni, che poterono svilupparsi in così gran numero in
quanto le donne, causa un’ingiusta legislazione, causa l’usurpazione degli
uomini, sono escluse da ogni carica e funzione politica e non possono far
valere le loro doti sulle tavole del Palais-Bourbon o del Luxembourg. Il loro
empito di pubblicità trova sfogo soltanto nelle case pubbliche sacre all’arte o
alla galanteria, ed esse diventano attrici o mondane, o entrambe le cose
insieme.” Dunque, lungi dal configurarsi come una almeno potenziale
emancipazione delle donne dal domini maschile, l’eccellenza femminile nel
teatro e quindi nell’industria dell’ “arte” e della pubblicità ne è soltanto
una necessaria conseguenza. La “commedia erotica” che va continuamente in
scena nei teatri e la prostituzione delle loro protagoniste, ovvero delle donne
fattesi insieme attrici e cortigiane si presenta come la verità della
gigantesca commedia in cui si è mutata la società francese e insieme come il
suo nucleo o vuoto tragico. Un vuoto abissale che emerge nelle pagine di Heine
con gelida spietatezza. “Qui tutte le belle attrici hanno il loro prezzo, e quelle
che non puoi avere a nessun prezzo, sono certo le più care. Le più delle
giovani attrici vengono mantenute da scialacquatori o da pescecani. D’altro
canto, le mantenute di mestiere, le cosiddette ‘femmes entretenues’ ardono
dalla smania di calcare le scene, smania in cui si fondono vanità e calcolo,
poiché il teatro è il luogo ideale ove mettere in mostra i propri vezzi fisici,
attrarre l’attenzione dell’alta ‘debauche’ e nel contempo farsi ammirare dal
grande pubblico. Queste signore, che recitano per lo più in teatri minori, non
ricevono abitualmente alcun compenso, anzi pagano esse al direttore una somma
mensile, per il favore di potersi produrre nel suo teatro. Qui non sai mai
quando recita l’attrice e quando la cortigiana, quando siamo nel dramma e
quando subentra la nuda natura, quando il verso pentapodo si tramuta in
impudicizia quadrupede. Questi anfibi dell’arte e del vizio, queste Melusine
della Senna, formano, certo, la parte più pericoloso della Parigi galante, dove
già tanti leggiadri mostri esercitano la loro malia. Guai all’inesperto che
cada in quei lacci! Guai anche all’uomo esperto, che sa che la vaga sirena
termina in una laida coda di pesce, e tuttavia non sa resistere all’incanto, e
forse è soggiogato proprio da questa voluttà del raccapriccio, dal fatale
fascino d’una rovina deliziosa, d’un dolce abisso.” Un secolo dopo, Walter
Benjamin ritornando sulla Parigi del XIX secolo, avrebbe individuato proprio
nella figura della prostituta l’immagine dialettica in grado di “fermare”, sia
pure solo per un attimo la rovina del tempo “vuoto” della società borghese: nel
suo duplice carattere di “merce” e “venditrice” tale immagine avrebbe infatti
rivelato un significato allegorico potenzialmente dialettico e sovvertitore. Si
tratta della medesima indistinzione individuata da Heine tra la il “dramma”
recitato dall’attrice e la “nuda natura” della “cortigiana. Tuttavia è proprio
tale indistinzione a rendere evidente l’impossibilità di una vera dialettica
della prostituzione. Lungi dal porsi come il vero luogo della politica e della
emancipazione la “nuda natura” è infatti solo l’altra faccia e non certo il suo
opposto polo dialettico, della politica ridotta a teatro, a “rappresentazione”,
del sistema “rappresentativo”. “Le attrici in quanto corpi pubblicamente
esposti- si legge in un recente documento firmato da 120 attrici contro le
“molestie” nel cinema- smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico
mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non.” In realtà la
“pubblicità” del corpo, il suo carattere politico è solo una delle
manifestazioni di superficie di una politica ridotta anch’essa a pubblicità. Le
grandi pagine di Heine sulle grandi dame
e cortigiane della Parigi del XIX secolo ci parlano delle “attrici” di oggi,
della verità della loro vita e quindi della vita di tutti, che i loro futili
sogni di emancipazione.
Salvatore Tinè