"Il soggetto che lavora- scrive Lukacs nella sua "Estetica"- può pensare e sentire quello che vuole della sua realizzazione; la dialettica oggettiva del processo lavorativo (preso naturalmente nel senso più ampio), insieme con i suoi presupposti e le sue conseguenze, connette in una struttura immanente e compiuta, escludente ogni trascendenza definitiva, le relazioni tra gli uomini, i rapporti tra essi e il mondo esterno, e gli oggetti che mediano questi rapporti. E gli uomini che vivono e operano in questi sistemi dimostrano nelle loro forme di coscienza sempre più elevate, e soprattutto in quelle etiche, l'aspirazione a superare le barriere oggettive e soggettive (tra loro interdipendenti) che impediscono loro di progredire e perfezionarsi, la supposizione di una trascendenza assoluta nella realtà oggettiva, la limitatezza della mera individualità personale nella sfera soggettiva, il loro intersecarsi, la teologia riferita all'uomo." Si direbbe che la nozione di "essere-nel mondo" con la quale Heidegger si è sforzato di superare l'opposizione metafisica tra soggetto e oggetto al fine di cogliere la loro unità concretamente ontologica abbia senso solo in relazione a quella di lavoro come immanente unità tra gli uomini nelle loro relazioni mediate dagli oggetti e dal mondo esterno. Se Heidegger ha visto nella identificazione nell'identificazione tra l'essere e l'oggettività il nucleo filosofico dell'estraneazione dell'uomo, ovvero la sua riduzione a mero soggetto estraniato dal mondo Lukacs vede invece proprio nel recupero della dialettica oggettiva del lavoro e quindi nella piena identificazione dell'essere del mondo con la sua oggettività, il presupposto fondamentale per il superamento dell'estraniazione e della conseguente riduzione dell'uomo a mera individualità personale e dell'oggetto a mera "cosa" esterna, feticizzata. "Quando e come come vengono le cose come cose?- si chiede Heidegger ne la conferenza su 'La cosa'- Esse non vengono in forza di operazioni dell'uomo. Ma neppure vengono senza la vigilanza dei mortali. Il primo passo verso una tale vigilanza è il passo indietro dal pensiero puramente rappresentativo, cioè spiegante-fondante- al pensiero rammemorante.". Dunque il mero "vigilare" degli uomini come "mortali" di fronte alla verità da cui proverrebbe la cosa viene contrapposto da Heidegger all'"operare" dell'uomo che trasformerebbe in oggetto, quindi in mera "rappresentazione" la "cosa". La "cosalità" di quest'ultima- scrive Heidegger- "non risiede nel fatto di essere un oggetto rappresentato, né si lascia definire in base all'oggettività dell'oggetto." Sfugge ad Heidegger come il pensiero rappresentativo sia solo una modalità del lavoro umano e come nell'ambito della dialettica del lavoro solo astrattamente l'uomo come soggetto che opera possa essere distinto e contrapposto all'oggetto e agli strumenti di lavoro. Appare chiaro come il mero vigilare e custodire la verità della cosa, nell'apparente autonomia del suo automanifestarsi introduca di fatto una nuova forma di estraniazione della cosa all'essenza dell'uomo. In realtà, lungi dallo smarrire il senso dell'essere della "cosa", la nozione della sua oggettività è l'unico tramite possibile per cogliere insieme all'essere dell'oggetto il suo rapporto inscindibile con la realtà e il divenire dell'essenza umana.
Salvatore Tinè
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