sabato 5 marzo 2016

Tempo di guerra


All'Alfieri di Catania rivedo "Fuocoammare". Il film lo capisco molto meglio che la prima volta in cui l'ho visto e mi pare anche molto più bello. Credo che tutti dovrebbero vederlo, perchè è un film assolutamente politico pur essendo assolutamente poetico. La nonna del bambino protagonista che rievoca mentre fuori tuona la vita dei marinai di Lampedusa in "tempo di guerra" mentre fuori tuona e il "tempo" è "brutto", prima che Rosi ci mostri le navi militari vicino le coste dell'isola parla del "nostro" tempo di guerra. Così come la terribile immagine del film che ci mostra i cadaveri degli immigrati dentro la stiva di un barcone parla della "Auschwitz" quotidiana del nostro tempo. La tragedia e l'orrore si sono fatti quotidiani per quanto spesso "Invisibili" al nostro occhio "pigro" come quello del bambino. Ma quello di Rosi non è un cinema politico ma, si direbbe pasolinianamente, "di poesia": una cinema che trasforma in metafora la realtà soltanto mostrandocela, lasciando che si manifesti da sé ad uno sguardo che ad essa vi si predisponga, senza pregiudizi, senza schemi interpretativi già consolidati. Non c'è retorica "solidarietà" nelle parole del medico dell'isola costretto a ispezionare i corpi dei bambini arrivati morti nell'isola, ma solo la semplice umanità di un medico che dà un senso umano al suo mestiere, quando visita un corpo vivo e sano come quando ispeziona il corpo di un bambino morto. Il mare non è una strada, dice un giovane nigeriano ma è possibile attraversarlo, arrivando a destinazione. Il mare dispensa vita e morte insieme. Perciò nel film esso si fa metafora non solo del tempo in quanto tale ma anche del ritmo di vita e morte del nostro "tempo di guerra".

Salvatore Tinè

Nessun commento:

Posta un commento