sabato 13 settembre 2014

Belluscone


"Belluscone. Una storia siciliana" di Franco Maresco non è un film-inchiesta sui rapporti tra Berlusconi e la mafia il film. Semmai Maresco racconta il suo rifiuto, ovvero l'impossibilità di realizzare un film-inchiesta. Di qui il racconto della sua scomparsa: Tatti Sanguineti va a Palermo alla ricerca del regista siciliano. Una ricerca che sarà vana ma che servirà a recuperare qualcosa dei materiali raccolti dal regista palermitano per la realizzazione di un film su Berlusconi, da quali emergono non solo e non tanto le note vicende dei rapporti tra Cosa Nostra e il Cavaliere sin dai tempi di Bontate, quanto le immagini e i volti di una Sicilia più sottoproletaria che popolare, profonda, quella dei quartieri periferici, come Brancaccio, di Palermo dove la criminalità e la mafia si generano continuamente dalla disgregazione sociale e da una "subcultura" plebea, "cinica" e qualunquista. La vicenda di Berlusconi si intreccia così, grottescamente, con le storie certo più "piccole" del Brancaccio che vedono come protagonisti impresari locali di spettacoli di piazza contigui alla mafia e cantanti neo-melodici diventati veri divi di quartiere. Così la vita del simpatico e divertentissimo impresario del noto quartiere di Bontate, Ciccio Mira, si accompagna "parallela" a quella dell'ascesa del più grande "impresario" cominciata, dopo Milano 2, proprio con il patto del Cavaliere con con Bontate e l'avvento delle televisioni commerciali. Gli spettacoli televisivi delle emittenti locali di Palermo insieme ai messaggi dei cantanti ai detenuti di mafia loro parenti organizzati da Ciccio Mira ci appaiono certo come la la "verità" degli spettacoli delle televisioni di Berlusconi: del resto Ficarra e Picone, due comici palermitani diventati celebri nelle tv di Mediaset provengono dal medesimo mondo dei due "neo-melodici" in lite per una canzone che inneggia a "Belluscone". Eppure negli spettacoli di Ciccio Mira e proprio nei loro momenti più "volgari" e grotteschi sembra emergere emergere forse anche una più "vera" e più profonda umanità. Il senso del film potrebbe in tal senso essere colto in due momenti finali: l'immagine, forse la più "grottesca" del film, di Renzi che vestito quasi come giovane neo-melodico si presenta ospite ad uno spettacolo della De Filippi, (una immagine particolarmente emblematica della persistenza, della straordinaria vitalità del "berlusconismo" incarnatosi adesso nella faccia giovane del segretario del PD) e la sequenza terribile insieme e struggente del giovane cantante del Brancaccio che si reca al cimitero di Palermo per portare una rosa alla tomba di Bontate. Se Maresco è scomparso, Bontate è ancora "vivo".

Salvatore Tinè

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