sabato 16 maggio 2015

Il ballo di Turturro


Il ballo di John Turturro in "Mia madre" di Moretti è tra le scene più belle del film. Moretti non balla più nel film, si direbbe. Ma per lo "splendido quarantenne" di una volta il ballo sembrerebbe ancora la più pura manifestazione della vita, qui nel film evocata nella sua contrapposizione ad una morte non più esorcizzabile, quella della madre, realtà pesante come un macigno. Ancora nel medesimo spazio del set di un film ma nella sospensione del suo artificio, della sua realtà soltanto possibile e virtuale, anche le agili, flessuose movenze del corpo di Turturro non più attore ma mimo si impongono con l'immediata evidenza fisica del cinema come non meno "reali" della morte che incombe fuori dal recinto protetto della finzione cinematografica. Le immagini del cinema fissano il movimento non tuttavia negandolo ma riproducendolo: il ballo di Turturro ne è forse in questo senso una metafora del cinema, del suo paradosso, della sua impossibilità.  Ma la troupe che circonda l'attore americano è forse anche l'immagine di una "comunità" possibile. Come ne "La stanza del figlio" anche qui il dolore divide e isola, chiude l'individuo dentro i confini della propria individualità: la madre, si direbbe, è sempre "mia" come heideggerianamente la morte. Dinanzi al ballo del suo attore, in mezzo agli amici della troupe Magherita sorride: per la prima volta il suo sguardo si fa appena più lieve come se una raggiunta consapevolezza dell'indissolubile intreccio che stringe la vita e la morte la staccasse dalla morsa del dolore e la vita fuori di lei fosse ritornata visibile al suo sguardo nel suo scorrere.

Salvatore Tinè

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