mercoledì 6 maggio 2015

Il cane di Godard.


Un cane è il protagonista di "Addio al linguaggio" di Godard. Il film in 3 D racconta infatti il suo sguardo, forse l'unico  primigenio ancora possibile, sul mondo e su noi stessi. Godard sembra contrapporlo al "nostro" liinguaggio" fatto di parole o di immagini già esaurite cui il regista francese già oltre gli ottanta anni dà, forse addirittura felicemente, l'addio. La "profondità" dell'immagine tridimensionale che si finge "veramente" tale è in fondo questo addio. L'immagine "piatta" tradizionale del vecchio cinema, di fronte a noi, oggettiva nella sua apparente verità è già satura. Qui invece in "Addio al linguaggio" l'immagine 3D sembra uscire fuori dallo schermo, attraversarci, coinvolgerci pienamente, come se in fondo fosse "lei" a guardarci e non più noi di fronte a lei, lei. "Odio i personaggi" dice ad un certo punto la protagonista del film. Ed in effetti quello di Godard è un film di spettri, spettri fuori dallo schermo, in mezzo a noi. Di qui la difficoltà di guardarli, di metterli a fuoco. "Addio al linguaggio" sembrerebbe in questo senso anche un addio allo sguardo, a quello sguardo cinematografico che in quanto tale ha sempre preteso di porsi come oggettivo, fotografico, l'unico in grado di mettere a fuoco la realtà. Alla "visione" del cinema Godard sembra contrapporre quella della pittura. E tuttavia lo sguardo del pittore non è propriamente una visione: citando Monet, Godard ci suggerisce che esso in grado di riprodurre non ciò che sfugge al nostro sguardo, l'invisibile, quanto il nostro stesso "non vedere". Solo il cane allora "vede": il suo sguardo di là dal linguaggio, ovvero dall'insuperabile scissione tra soggetto e oggetto, tra il "vivere" e il "raccontarsi", ne fa l'unico personaggio possibile in un film di soli fantasmi. Mi viene in mente il cane di un pagina dell'"Ulisse" di Joyce: "Un punto, cane vivo, si ingrandiva alla vista lungo la distesa di sabbia. SIgnore, mi sta per attaccare? Rispetta la sua libertà". Questa joyciana "libertà" del cane, l'unica ancora possibile e perciò degna di "rispetto" è forse il tema vero del film di Godard.

Salvatore Tinè

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