martedì 5 gennaio 2016
Le amiche
Rivedo "Le amiche". L'ultima immagine mi pare quella che riassume questo film: di Carlo nascosto alla stazione di Torino guarda Clelia lasciare definitivamente la città. Un incontro mancato che non può non richiamare quello tra Alain Delon e la Vitti che che chiude "L'eclisse". Eppure qui siamo ancora molto al di qua di quella totale, inquietantissima "eclisse" dei sentimenti che chiudeva la cosiddetta "trilogia dell'incomunicabilità". E' ancora piuttosto il tema della solitudine al centro del film, indagata da Antonioni in una chiave tutta femminile. In questo senso quello di Clelia mi pare il personaggio più vero e riuscito. Rifiuta un amore non per cinismo o aridità ma per il sentimento della propria vita e della propria libertà. Il medesimo sentimento che l'ha strappata per sempre dalle radici nella sua Torino, rendendo così impossibile il suo amore per un uomo "semplice" a quelle stesse radici rimasto legato. Quando invece l'amore delle altre "amiche" resiste, come nel caso dell'artista Nene che per amore resta a Torino rinunciando a fuggire in America, è la sua tristezza ad emergere nelle parole e nelle immagini di Antonioni. Il suicido di Rosetta è il momento della verità nel film: esso mette a nudo insieme ai sentimenti delle amiche la loro solitudine e precarietà. Così la carezza di Nene, nell'ultima scena che la vede con il suo amatissimo pittore Lorenzo, anticipa la carezza dell'ultima scena de "L'avventura" e non è certo l'immagine di una riconciliazione ma quella di un amore tanto sofferto e perfino materno quanto colpevole e triste.
Salvatore Tinè
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