giovedì 14 gennaio 2016

Per Franco Citti



Se ne va Franco Citti. Proprio quest'anno, poche ore dopo essere passato da Ponte Testaccio dove moriva Accattone, ho rivisto il primo film di Pasolini. Non credo di esagerare se dico che il volto di Franco Citti e i tantissimi primi piani su di esso che scandiscono il film sono non solo ciò che più fortemente si è impresso nella mia memoria personale di quell'opera ma anche ciò che di più bello e di più poeticamente puro, assoluto Pasolini ci abbia regalato. La morte di Accattone per incidente sul Ponte Testaccio chiudeva circolarmente il film che iniziava con il suo tuffo sul Tevere da Ponte Sant'Angelo, una sfida alla morte e insieme una sorta di battesimo purificatorio. La morte sfidata e perciò stesso evocata dell'inizio e quella subita e insieme cercata e voluta della fine racchiudono il senso di una "vita violenta": Ma la rabbiosa, disperata, amorale vitalità di Accattone è tutta risolta nel volto e nel corpo esausto e sofferente di Franco Citti, forse il più "cattolico" e "cristologico" dei tanti corpi che affollano le immagini del cinema di poesia pasoliniano: non a caso è la croce di un angelo che vediamo accanto ad Accattone prima del suo tuffo nel Tevere e un segno della croce accompagna e commenta l'immagine del volto e del corpo morenti di Franco Citti sul ponte Testaccio, nell'ultima inquadratura del film.

Salvatore Tinè

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