20 marzo 2013
Rileggo "Il Muro" di Sereni e il dialogo tra padre e figlio che vi si svolge davanti al cimitero e accanto a dei ragazzi che giocano a pallone in una sera d'estate mi riporta ad Amleto: "mio padre, mi sembra di vederlo" dice ad Orazio, il principe di Danimarca, all'inizio del primo atto prima ancora che il fantasma del genitore gli compaia fisicamente davanti. "Papà-faccio per difendermi/puerilmente-papà...", dice il figlio di fronte allo spettro del padre, ne "Il Muro" di Sereni: in un solo avverbio, in quel "puerilmente", c'è forse tutto il senso di questo egoistico, ancora infantile, amore per il genitore. Quest'ultimo "smaschera" il figlio, cui rivela il carattere di mera autocompassione del suo amore per lui, come anche il "presagio" della propria morte nascosto nel più "caro" ricordo, quello del padre, ma nello stesso tempo il suo riso e la profonda saggezza solo apparentemente nichilista che in esso vi si manifesta "rasserenano" il figlio, lo "riconciliano" con la vita, con la sua realtà, con il suo presente, con i ragazzi che giocano a pallone lì a due passi da lui, lungo il muro che divide unendoli i morti dai vivi, i padri ai figli: svanito il fantasma, la sera d'estate gli apparirà "solo" come una sera d'estate. Come nell'"Amleto" anche qui il fantasma del padre appare al figlio avvolto da un aura di "sacralità" ma insieme anche come il proprio specchio, la propria immagine riflessa. La vita come "ciclo" e "mitica" ripetizione è un tema ricorrente della poesia di Sereni: essa ritorna, sempre identica a se stessa come quella sera d'estate, priva di significati ulteriori o trascendenti, mera tautologia. Lo stesso figlio è una "ripetizione" del padre, la sua imitazione: è questa ripetizione che egli vorrebbe spezzare per sempre sebbene finisca sempre per "aggrapparsi" ad essa, "puerilmente" come canta il verso di Sereni. Impossibile non pensare al grande saggio di Thoma Mann su Freud. "il fine più giocoso e piacevole di ciò che si suol chiamare educazione consiste per me- diceva il grande scrittore tedesco - e lo affermo con tutta serietà, in questa forma, in questa impronta che riceviamo dalla persona amata o ammirata, quando, mossi dalla più intima simpatia, infantilmente ci identifichiamo con la figura che abbiamo eletta a padre." Forse è proprio l'impossibilità di questa identificazione uno dei possibili sensi dell'"Amleto" di Shakespeare, dramma dell'indecisione, della vita del figlio "bloccata" dalla perdita del padre ma più ancora dal suo ossessivo ritorno. Ma se l'angosciato fantasma di Amleto getta quest'ultimo nella disperazione, nell'angoscia del non decidere, del solitario non agire, del non essere "all'altezza" del genitore morto, il fantasma di Sereni, viceversa, lo "rasserena" proprio "rasserenandosi" e mentre "si ritira ridendo" padre e figlio sembrano celebrare nel ciclico, sempre identico e sempre nuovo ripetersi delle generazioni l'identità della vita con se stessa.
Salvatore Tinè.
IL MURO.
Sono
quasi in sogno a Luino
lungo il muro dei morti.
Qua i nostri volti ardevano nell'ombra
nella luce rosa che sulle nove di sera
piovevano gli alberi a giugno?
Certo chi muore...ma questi che vivono
invece: giocano in notturna, sei
contro sei, quelli di Porto
e delle Verbanesi nuova gioventù.
Io da loro distolto
sento l'animazione delle foglie
e in questa farsi strada la bufera.
Scagliano polvere e fronde scagliano ira
quelli di là dal muro-
e tra essi il più caro.
"Papà-faccio per difendermi
puerilmente-papà...".
Non c'è molto da opporgli, il tuffo
di carità il soprassalto in me quando leggo
di fioriture in pieno inverno sulle alture
che lo cerchiano là nel suo gelo al fondo,
se gli porto notizie delle sue cose
se le sento tarlarsi (la duplice
la subdola fedeltà delle cose:
capaci di resister oltre una vita d'uomo
e poi si sfaldano trasognandoci anni o momenti dopo)
su qualche mensola
in Via Scarlatti 27 a MIlano.
Dice che è carità pelosa, di presagio
del mio prossimo ghiaccio, me lo dice come in gloria
rasserenandosi rasserenandomi
mentre riapro gli occhi e lui si ritira ridendo
-e ancora folleggiano quei ragazzi animosi contro bufera e notte-
lo dice con polvere e foglie da tutto il muro
che una sera d'estate è una sera d'estate
e adesso avrà più senso
il canto degli ubriachi dalla parte di Creva.
Vittorio Sereni
Salvatore Tinè.
IL MURO.
Sono
quasi in sogno a Luino
lungo il muro dei morti.
Qua i nostri volti ardevano nell'ombra
nella luce rosa che sulle nove di sera
piovevano gli alberi a giugno?
Certo chi muore...ma questi che vivono
invece: giocano in notturna, sei
contro sei, quelli di Porto
e delle Verbanesi nuova gioventù.
Io da loro distolto
sento l'animazione delle foglie
e in questa farsi strada la bufera.
Scagliano polvere e fronde scagliano ira
quelli di là dal muro-
e tra essi il più caro.
"Papà-faccio per difendermi
puerilmente-papà...".
Non c'è molto da opporgli, il tuffo
di carità il soprassalto in me quando leggo
di fioriture in pieno inverno sulle alture
che lo cerchiano là nel suo gelo al fondo,
se gli porto notizie delle sue cose
se le sento tarlarsi (la duplice
la subdola fedeltà delle cose:
capaci di resister oltre una vita d'uomo
e poi si sfaldano trasognandoci anni o momenti dopo)
su qualche mensola
in Via Scarlatti 27 a MIlano.
Dice che è carità pelosa, di presagio
del mio prossimo ghiaccio, me lo dice come in gloria
rasserenandosi rasserenandomi
mentre riapro gli occhi e lui si ritira ridendo
-e ancora folleggiano quei ragazzi animosi contro bufera e notte-
lo dice con polvere e foglie da tutto il muro
che una sera d'estate è una sera d'estate
e adesso avrà più senso
il canto degli ubriachi dalla parte di Creva.
Vittorio Sereni
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