"Il bolscevismo- ha scritto Walter Benjamin- ha eliminato la vita privata". L'affermazione è di straordinaria importanza. L'eliminazione della proprietà privata, con la quale siamo soliti identificare il concetto stesso di "comunismo" comporta in fondo anche l'abolizione della "vita privata", sul cui primato si fonda la nostra economia e insieme la nostra visione di noi stessi come individui e del mondo. Cosa è infatti l'economia se non il dominio dell'"oikos", ovvero della "casa", della "famiglia", della dimensione privata e "sentimentale" della vita, di quella che nel grande saggio sulla violenza, Benjamin definiva "nuda vita": la "vita privata" è tale proprio in quanto "privata" di ogni senso ad essa immanente in grado di renderla realmente effettiva, ovvero di compierla. La vita privata è in questo senso il regno di una falsa immanenza che in realtà nasconde il non senso della vita. La nozione inventata nel XVIII secolo di "economia politica" è quindi un ossimoro, dentro il quale si riassume il "paradosso" della modernità capitalistica, in cui l'oikos si fa polis, la casa città, il privato pubblico. In questo senso il comunismo moderno è l'esatto opposto della cosiddetta "biopolitica", ovvero dell'indistinzione tra "pubblico" e "privato", ovviamente a tutto vantaggio di quest'ultimo, che sembra caratterizzare la società e la politica contemporanee ma in realtà inscritte nella nozione stessa di "economia politica". Una profonda continuità lega perciò il comunismo moderno a quello di Platone e alla sua feroce critica della famiglia. Il comunismo è la liberazione dell'uomo dalla "vita privata". La "libera individualità" di cui sebbene solo per rapidi cenni ha parlato Karl Marx è in fondo proprio questa "liberazione".
Salvatore Tinè.
24 marzo 2013
Nessun commento:
Posta un commento