mercoledì 15 gennaio 2014

Passione


"L'uomo - scrive Marx nei suoi "Manoscritti economico-filosofici" del 1844 - come essere oggettivo sensibile è quindi un essere passivo, e poiché sente questo suo patire, è un essere appassionato. La passione è la forza essenziale dell'uomo che tende energicamente al proprio oggetto." Basterebbe questa affermazione per mostrare tutta l'infondatezza dell'idea "heideggeriana" secondo cui il materialismo di Marx consisterebbe nella riduzione dell'uomo ad "animale da lavoro", ovvero nella identificazione della sua essenza con una "soggettività" astratta e "incondizionata. In realtà già il giovane Marx procede ad un critica radicale di ogni nozione idealistica dell'uomo come "pensiero puro" o "autocoscienza". Una critica che sembra muovere da premesse filosofiche totalmente spinoziane, come l'idea della essenziale, insopprimibile naturalità dell'uomo, quindi del suo essere un "ente oggettivo", "pars naturae". Nessuna concettualizzazione è data di qualunque forma di attività umana che non rinvii a questa fondamentale condizione di "passività" naturale dell'uomo. Solo che il giovane Marx non concepisce in termini tradizionalmente metafisici tale condizione. E' proprio infatti il suo essere essenzialmente passivo a fare dell'uomo un essere "appassionato". L'attività dell'uomo è esattamente la sua passione, ovvero la sua tensione verso l'oggetto, verso una realtà che gli è esterna e di cui egli fa parte. Una attività reale, effettiva è tale, dunque, solo se passiva e insieme appassionata. Ben prima di Heidegger e certamente non nei suoi termini astrattamente ontologici e puramente fittizzi, Marx ha superati il tradizionale dualismo metafisico tra "soggettività" e oggettività", tra "uomo" e "natura". Ed è proprio in tale effettivo superamento che Marx sempre riprendere Spinoza, il suo grandioso monismo.  "Se con la sua alienazione -scrive Marx - l'uomo reale, corporeo, piantato sulla terra ferma e tonda, quest'uomo che espira ed aspira tutte le forze della natura, pone le sue forze essenziali, reali ed oggettive, come oggetti estranei, questo atto del porre non è soggetto; è la soggettività di forze essenziali oggettive, la cui azione deve essere quindi anch'essa oggettiva. L'essere oggettivo opera oggettivamente; né opererebbe oggettivamente, se l'oggettività non si trovasse nella determinazione del suo essere. Crea, pone solo oggetti, perchè è posto da oggetti, perchè è originariamente natura. Dunque nell'atto del porre esso non passa dalla sua attività pura ad una creazione dell'oggetto, ma il suo prodotto oggettivo non fa che confermare la sua attività oggettiva, la sua attività come attività di un essere naturale oggettivo." Non più dunque un "soggetto" che "pone" un oggetto" ma un'unica "attività oggettiva", "passività" che in quanto tale si fa "passione", tensione energica verso l'oggetto. E' forse a partire da queste formulazioni che occorrerebbe partire per comprendere il senso del rovesciamento materialistico della dialettica hegeliana. L'attività dell'uomo non sembra scaturire infatti dalla "negazione" della sua condizione di "passività", ovvero dalla "negazione della negazione" ma piuttosto dalla positiva'"affermazione" di tale condizione. 

Salvatore Tinè

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