giovedì 2 gennaio 2014

Salto nel vuoto


13 aprile 2013
"Partecipò Stephen al suo scoraggiamento?
Affermò la sua importanza di animale razionale cosciente che procedeva per sillogismo dal noto all'ignoto e di reagente razionale cosciente tra un micro e un macrocosmo ineluttabilmente costruiti sull'incertezza del vuoto.
Fu quest'affermazione compresa da Bloom?
Non verbalmente. Sostanzialmente.
Che cosa confortò la sua incomprensione?
Il fatto che come cittadino qualificato ma senza chiave aveva proceduto energicamente dall'ignoto al noto attraverso l'incertezza del vuoto." (J. Joyce, Ulisse)

Lo "scoraggiamento" dell'uomo maturo Bloom e, di contro, l'apparente freddezza, il logicismo "medievaleggiante" del giovane intellettuale, Stephen. I due non si capiscono, ma la loro incomprensione è solo "verbale", non "sostanziale". Bloom non può comprendere immediatamente le riflessioni di Stephen, il loro procedere per aridi "sillogismi" e tuttavia egli può capire quel giovane come un padre può comprendere un figlio: nonostante la sua minore cultura, la sua maggiore esperienza del mondo gli consente di cogliere la "sostanza" delle incomparabilmente superiori cultura e finezza logica di Stephen, ovvero l'idea dell'uomo come "animale razionale", teso ad unificare nella "incertezza del vuoto", finito e infinito, "microcosmo" e "macrocosmo". Stephen sembra "partecipare" con il pensiero allo "scoraggiamento" di Bloom. Novello Amleto, egli vive solo con e attraverso il pensiero: si direbbe che il pensiero sia il suo unico "conforto", la sua unica difesa dalla vita. La casa in cui Bloom, senza chiave, è riuscito ad entrare passando dall'interrato direttamente in cucina è invece il rifugio che finirà per rifiutare. Lo spazio esterno alla casa di Bloom dominato da quella "'incertezza del vuoto" evocata dai suoi stessi sillogismi è lo spazio in cui si muovono il suo pensiero e la sua vita: fuggito da una casa, la propria, non può chiudersi in un'altra casa. In questo senso il vero Ulisse è Stephen, ovvero colui che rifiuta la casa, la "chiusura" della sua protezione e con l'unica arma che possiede quella della razionalità, ovvero dei "sillogismi" si getta pericolosamente nello spazio aperto, nella "incertezza del vuoto", la medesima "incertezza" del pensiero, del suo procedere attraverso l'esercizio del dubbio. Il "vuoto" è la stessa paurosa, gelida astrazione del pensiero, l'ignoto nel cui territorio quest'ultimo si muove. Il ritorno di Bloom a casa con cui si chiude la sua giornata e insieme il grande romanzo di Joyce è l'esatto opposto della scelta di Stephen: esso è infatti il passaggio dall'"ignoto al noto". E tuttavia neanche esso è privo di rischi e pericoli: non a caso l'ingresso nella propria casa da parte di Bloom in compagnia del suo figlio mancato è avvenuta senza chiave. In fondo perdiamo sempre la chiave quando usciamo di casa. Il fatto di essere riuscito a penetrare nella propria abitazione anche senza chiave è ciò che conforta Bloom della sua incomprensione "verbale" dei pensieri di Stephen: l'incertezza del vuoto è ormai alle sue spalle. Il padre ha appena concluso il suo viaggio. Il figlio ha appena cominciato il suo?

Salvatore Tinè.

Nessun commento:

Posta un commento